TERAPIE NON FARMACOLOGICHE E APPROCCI RELAZIONALI:
PROGETTUALITÀ E ATTIVITÀ DEL NUCLEO ALZHEIMER G. SIDOLI
In occasione del Mese Mondiale dell’Alzheimer, il Nucleo dedicato alle Demenze G. Sidoli fa il punto su progettualità, attività svolte e obiettivi raggiunti
È trascorso un anno dall’incontro di presentazione legato ai progetti di formazione aperta organizzati presso il Nucleo Dedicato alle Demenze del Centro Servizi G. Sidoli. Oggi, sempre in occasione del Mese Mondiale dell’Alzheimer, è arrivato il momento di dare ancora una volta attenzione e voce alle gravi problematiche che questa malattia comporta, facendo il punto sui percorsi avviati e sugli obiettivi raggiunti.
Un lavoro portato avanti nonostante le limitazioni e il lockdown conseguenti alla pandemia da Covid-19, che ha permesso l’organizzazione sistematica di attività effettuate regolarmente e accompagnate da un diario sul quale annotare gli importanti elementi e spunti di volta in volta emersi.
“Un anno fa abbiamo parlato di ristrutturazione e rilancio progettuale del nucleo, abbiamo parlato del deterioramento cognitivo come di una delle sfide più impegnative per chi assiste gli anziani, perché non essendoci una cura efficace per la malattia. – spiega Francesca Corotti, vice presidente Proges – Si tratta di una sfida che pone familiari e operatori dei servizi nella condizione di dover dare un senso ad anni di vita nei quali la persona ammalata sembra perdersi e isolarsi dal mondo progressivamente.
Mossi da questa convinzione abbiamo voluto portare avanti il progetto nonostante la pandemia proprio in un momento in cui il servizio doveva essere isolato per la sicurezza degli Ospiti. Una progettualità che faceva dell’integrazione e alleanza terapeutica con i familiari uno dei propri punti di forza, ha dovuto reinventarsi.
La condivisione di obiettivi è diventata la sola certezza progettuale, cercando di creare un patto di fiducia ancora più stretto e significativo con le famiglie che hanno dovuto affidarci i loro cari e sospendere tutte quelle attività di apertura che hanno sempre caratterizzato il nucleo”.
Un percorso che parte prima di tutto dalle necessità proprie di ogni ospite, per il quale vengono individuati, e sono in continua discussione, le terapie non farmacologiche e gli approcci relazionali più adatti per far fronte al processo di deterioramento cognitivo, intesi come vere e proprie attività di cura.
“Ai pazienti del nostro Nucleo, caratterizzati principalmente da declino cognitivo di grado severo o moderatamente severo, accompagnato da disturbo del comportamento, possono essere dedicati degli interventi volti al rilevamento e al riconoscimento della continuità della persona nonostante la malattia – spiega la Psicologa Veronica Gardoni – A questo scopo, risultano adatte le attività di stimolazione multisensoriale effettuate all’interno del Nucleo, mediante le quali viene dato valore alla parola e al desiderio del paziente”.
In questa ottica, è stata allestita la Snoezelen Room, un ambiente composto da molteplici stimoli multisensoriali (stoffe da toccare, profumi, immagini, suoni, ecc.) dove poter lasciare emergere, con il supporto di un operatore adeguatamente preparato, memorie non mediate dalla cognitività. Non a caso, questa stanza risulta particolarmente indicata per pazienti con un grave decadimento cognitivo, caratterizzati da un eloquio senza semantica e da difficoltà di rievocazione dei ricordi. Al suo interno, la persona può esplorare liberamente l’ambiente, commentando o agendo come desidera con gli stimoli che incontra. Attraverso questi interventi, è inoltre possibile sostenere il caregiver: ai familiari verranno restituite le parole e i ricordi che il paziente produce, supportandoli nel riconoscimento del proprio congiunto.
Il continuo confronto fra le figure professionali che lavorano nel Nucleo è un punto nodale nello sviluppo e nell’efficacia degli interventi, la formazione e la discussione di casi clinici in equipe rappresentano preziosi strumenti di crescita e sviluppo. In aggiunta, diversi sono stati gli sforzi compiuti in questi mesi nella progettazione e creazione di spazi all’interno del Nucleo protesici ai bisogni della persona affetta da Demenza: una stanza per l’animazione e la terapia occupazionale, che avesse un aspetto maggiormente “familiare”, con riferimenti e oggetti di uso quotidiano.
“La terapia occupazionale ha come principale peculiarità la stimolazione delle abilità residue dell’individuo incoraggiandolo a interagire in modo attivo e spontaneo con l’ambiente circostante e stimolando la comunicazione con gli altri – sottolinea la Terapista Occupazionale Maria Mancini – Anche nelle fasi più avanzate della malattia si è cercato di trovare la modalità di coinvolgere l’ospite nelle varie attività con l’obiettivo di restituire la stima di sé, ridurre la tensione emotiva e conseguentemente i disturbi comportamentali, migliorare l’espressione individuale e ostacolare la chiusura in se stessi”.
Parallelamente, è stata condotta e promossa la formazione specifica per l’intera equipe multidisciplinare sulle terapie non farmacologiche e, nello specifico, sull’organizzazione e la strutturazione di spazi in grado di assumere la connotazione di ambiente terapeutico. Per esempio, sono stati collocati nel corridoio del Nucleo Alzheimer punti di micropause (con poltrone, sedie, divani), che possano invitare la persona affetta da wandering a fermarsi, sedersi e riposarsi; è stata mimetizzata la porta di ingresso tramite l’applicazione di un’immagine che riproduce una libreria, così da prevenire stati d’ansia e tentativi di fuga.
Non da ultimo, in concomitanza con il lavoro all’interno del Nucleo, rimasto a oggi covid free, vi è stata l’applicazione del protocollo previsto per le visite con i familiari, supportati il più possibile in questo momento di grande sconforto e difficoltà.